IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione degli atti alla
 Corte costituzionale.
    Letti  gli  atti  del procedimento n. 252/90 r. g.i.p. a carico di
 Daino Jose' nato a Caracas (Venezuela) il 7 giugno 1962  e  residente
 in Caltagirone (via Mazzini n. 19, soldato di leva in servizio presso
 il 60ยบ Btg. in Trapani, celibe, incesurato, imputato di mancanza alla
 chiamata  aggravata  (artt.  151,  primo  comma,  e  154,  n.  1, del
 c.p.m.p.) perche' rientrato dall'estero in data 21 settembre 1982 con
 autorizzazione  consolare concessa il 10 settembre 1982, ex art. 104,
 del d.P.R. n. 237/1964 e rimasto definitivamente in Italia al termine
 di  detto  periodo,  chiamato  alle  armi  per  adempiere il servizio
 militare di leva a mezzo di pubblici manifesti  affissi  in  data  10
 febbraio  1984  ai  sensi della circ. 509 in Gazzetta Ufficiale 1983,
 ometteva, senza giusto motivo di presentarsi al distretto militare di
 Catania,  il  19  dicembre  1984  rimanendo assente nei cinque giorni
 successivi e sino al 9 marzo 1990 quando vi si presentava.
                             O S S E R V A
    Con  sentenza  n.  409/1989,  la  Corte  costituzionale ha sancito
 l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 8, secondo comma, legge
 15  dicembre 1972, n. 772, come sostituito dall'art. 2 della legge 24
 dicembre 1974, n. 695, nella parte in cui determina la pena  edittale
 ivi  comminata  nella misura minima di anni due anziche' in quella di
 mesi sei e, nella massima di anni quattro anziche' in quella di  anni
 due, cosi' come avviene per il rato di cui all'art. 151 del c.p.m.p..
 La Coprte ha ritenuto doversi  applicare  la  medesima  sanzione  per
 entrambi  i reati poiche' "i comportamenti previsti dalle due ipotesi
 criminose ledono, con modalita' analoghe  lo  stesso  bene  giuridico
 (....)  e  che e' identico il rimprovero di colpevolezza che si muove
 ai soggetti attivi dei due delitti". Nell'articolata motivazione,  la
 Corte  esamina funditus anche la questione concernente l'asserita (da
 parte  dei  giudici  rimettenti)  diparita'  di  trattamento  tra   i
 condannati  per  rifiuto  del servizio militare e quelli per mancanza
 alla chiamata; i primi vedono estinto l'obbligo del servizio militare
 ai  sensi  del  terzo  comma  dell'art.  8  della legge citata, per i
 secondi l'obbligo permane, nulla disponendo in tal senso  l'art.  151
 del c.p.m.p.. Tale diversa disciplina e' stata ritenuta aderente alla
 Costituzione ed in particolare al principio  di  uguaglianza  sancito
 dall'art. 3.
    Non  sembra  opportuno  richiamare  qui  anche  soltanto  i  punti
 salienti della  motivazione  poiche'  non  riguarda  il  procedimento
 odierno.  La  questione  che  si  ritiene  necessario  sottoporre  al
 giudizio della Corte riguarda, invece, la mancata analoga  previsione
 per  gli imputati o condannati per il reato di mancanza alla chiamata
 della disciplina prevista dal quinto e settimo coma dell'art. 8 della
 legge citata. In particolare, l'imputato o il condannato per il reato
 di cui al primo comma  dell'art.  8  ha  la  facolta'  di  presentare
 domanda   per   prestare  servizio  civile  o  militare  non  armato;
 l'imputato od in condannato ai sensi del secondo comma  possono  fare
 domanda per essere arruolati nelle forze armate.
    In  entrambe  le  ipotesi, se il Ministro della difesa accoglie le
 domande, l'imputato vedra' estinto il reato  a  lui  ascritto  ed  il
 condannato vedra' cessare gli effetti penali della condanna.
    Sulla  particolare  disciplina,  la Corte ha gia' fornito adeguata
 spiegazione  e,  in  particolare,  ha  osservato  che  "anche   nella
 situazione  prevista  dal  secondo  comma  dell'art. 8 della legge in
 discussione, la pena deve perseguire, come  di  regola,  il  recupero
 alla  comunita'  del  deviante:  anzi,  il  fatto  che  ai  sensi del
 precitato  art.  8,  quarto,  quinto,  sesto  e  settimo  comma,   il
 condannato  possa  anche  durante  l'esecuzione  della pena detentiva
 proporre domanda di essere arruolato nelle forze armate o  di  essere
 ammesso  al servizio militare non armato o ad un servizio sostitutivo
 civile e che l'accoglimento delle predette  domande,  nell'estinguere
 il  reato,  fa  cessare,  se vi e' stata condanna, l'esecuzione della
 pena, dimostra che l'interesse dello  Stato  al  "recupero"  ed  alla
 "rieducazione"  del  reo, e', nella situazione in esame, realmente ed
 intensamente perseguito.
    Se  cio'  e' vero, ed a meno di voler considerare che lo Stato non
 abbia in altre fattispecie, reale ed intenso  interesse  al  recupero
 del  reo,  non risponde al criterio di uguaglianza la mancata analoga
 disciplina per i mancanti alla chiamata che hanno dato  sicuro  segno
 di  ravvedimento  e  cioe'  quegli  imputati  o  condannati  ai sensi
 dell'art. 151 del c.p.m.p. che risultino incorporati.
    La  mancata  previsione di detta possibilita' anche per i mancanti
 alla chiamata non trova, pertanto, fondamento in  alcuna  motivazione
 logica,  ne'  appare  giustificabile con il semplice riferimento alla
 libera scelta del legislatore; essa, infatti, appare censurabile  sia
 in  riferimento  al  principio  di  uguaglianza  (si  richiama quanto
 stabilito dalla Corte nella sentenza  409/1989:  "...  non  puo'  non
 sottolinearsi  la lesione, con analoghe modalita' oggettive, da parte
 di entrambi i fatti delittuosi, di uno stesso bene  giuridico"),  sia
 in  riferimento  all'art. 27, terzo comma, della Costituzione secondo
 cui la pena  deve  tendere  a  rieducare  il  condannato  laddove  il
 mancante  alla chiamata gia' incorporato ha gia' fornito sicuro segno
 di ravvedimento.
    Ne'   la   diversita'   della  disciplina  puo'  ricercarsi  nella
 diversita' delle motivazioni che determinano coloro che rifiutano  il
 servizio militare di leva rispetto ai mancanti alla chiamata; sarebbe
 veramente  iniquo,  se  il   legislatore   valutasse   con   maggiore
 benevolenza  che  si sottrae ai suoi doveri per convinzioni attinenti
 ad un ideale filosofico rispetto a chi viola la norma penale perche',
 costretto da necessita' piu' cogenti (emigrazione, conviventi e figli
 naturali non riconoscuti da mantenere etc.).
    Infine,  poiche'  con  l'entrata  in  vigore  del  nuovo c.p.p. e'
 possibile aversi una pluralita' di condanne anche per i mancanti alla
 chiamata  (la  norma  del  nuovo  codice che impone la chiusura delle
 indagini preliminari entro i sei mesi, obbliga a celebrare i processi
 anche  per  i  reati di assenza, sebbene questa non sia eventualmente
 cessata; cio' non era possibile vigente l'art. 377 del  c.p.m.p.  che
 deve  intendersi  abrogato),  risponderebbe a criterio di uguaglianza
 che anche a costoro, cosi' come previsto dal quinto e settimo  comma,
 venga  concesso  l'incentivo al "ravvedimento" consistente nel vedere
 estinto il reato o cessati gli effetti della  condanna  nel  caso  di
 incorporazione.
    Cio' premesso e cosi' prospettata, la questine appare rilevante ai
 fini  del  procedimento  penale  in  esame,  trattandosi  di  giovane
 imputato di mancanza alla chiamata gia' in servizio militare di leva,
 e non manifestamente infondata;